Agostino Casaroli
IL MARTIRIO DELLA PAZIENZA
La Santa Sede e i paesi comunisti (1963/89)
Edizioni: Einaudi (2000)
Il volume si apre con un’ampia e importante introduzione scritta dal Cardinale Achille Silvestrini, per lunghi anni stretto collaboratore di mons. Casaroli, che così ne definisce il contenuto: “Queste pagine – scrive mons. Silvestrini – non sono le memorie del cardinale Agostino Casaroli; sono il racconto che egli, negli ultimi anni della vita, ha voluto affidare alla riflessione degli storici, ma anche e soprattutto degli uomini di Chiesa. Narrazione pacata, vigile e discreta come il suo carattere, corretta
nell’esporre i fatti, onesta nel non celare difficoltà ed obiezioni in una vicenda che parte nel 1963 e arriva al 1989.
Indice:
p. VII Introduzione di Achille Silvestrini
p. XXIX Premessa di Orietta Casaroli Zanoni
p. XXXI Agostino Casaroli: nota biografica di carlo Felice Casula
p. 03 I. Qualche segno di schiarita
p. 11 II. Un nuovo Vaticano?
p. 29 III. Abominatio desolationis
p. 37 IV. Contro ogni speranza?
p. 45 V. Attraversando la Cortina di ferro
p. 67 VI. Un <<diplomatico(e un pastore) nato>>
p. 71 VII. L’eredità di papa Giovanni
p. 77 VIII. Il primo accordo: Ungheria
p. 123 IX. Trattative impossibili: Cecoslovacchia
p. 193 X. Jugoslavia
p. 251 XI. Polonia
p. 321 XII. Bulgaria
p. 331 Indice dei nomi
Il libro è stato tradotto in lingua polacca, portoghese, ceca e ungherese.
edizioni:Szent Istvan
Tarsulat, Budapest 2001
“Tryzen’ trpêlivosti”
Edizioni: Karmelitánské – Naklandatelstvi – Kostelnivydri
Alcuni articoli pubblicati in occasione della presentazione del volume Il martirio della pazienza.
PRESENTAZIONE DEL VOLUME “IL MARTIRIO DELLA PAZIENZA. LA SANTA SEDE E I PAESI COMUNISTI (1963-1989)” DEL CARD. AGOSTINO CASAROLI INTERVENTO DEL CARD. ANGELO SODANO
Martedì, 27 giugno 2000
Illustri ospiti, cari amici giornalisti! Quarant’ anni fa io entravo al servizio della Santa Sede e fra le prime figure che rimasero impresse nella mia mente vi fu quella di un monsignore affabile e gentile: era comunemente chiamato don Agostino! Egli era ancora minutante presso la Segreteria di Stato e veniva alla Pontificia Accademia Ecclesiastica a tenere un corso di stile diplomatico. Arrivava sempre sereno e contento, a volte a piedi ed a volte sul suo motorino, e poi ci introduceva nel nostro lavo-ro, prima con il suo stile di vita e poi anche con la sua parola e la sua penna, sempre fine e discreta. Da quel lontano 1960 ad oggi sono passati quarant’anni, ma il suo ricordo rimane sempre vivo in me, come in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarlo sul loro cammino. Il libro che oggi è presentato al pubblico ci rivela una grande passione della sua vita: venir incontro ai cattolici dei Paesi a regime comunista e contribuire così anche a portare nelle loro terre un’aria nuova di libertà. Non per nulla il Papa Giovanni XXIII ricordava in quegli anni che la libertà è uno dei quattro pilastri su cui solo può reggersi la convivenza umana. In realtà, questa può essere ordinata e feconda solo quando è fondata sui pilastri della verità, della giustizia, dell’amore e su quello parimenti insostituibile della libertà. Il titolo del libro che qui oggi viene presentato indica poi bene lo spirito che animava questo grande uomo di Chiesa, quale fu il card. Agostino Casaroli. In alcuni casi, la pazienza è davvero un martirio. È l’accettazione della prova con l’ animo dei forti. In una sala della seconda Loggia del palazzo apostolico Vaticano ho notato solo pochi giorni fa che vi è una tipica rappresentazione di questa virtù: è un donna sul cui braccio disteso sta gocciolando una candela con la sua calda cera. La donna pe-rò non si scompone e continua serenamente a guardare lontano. I venticinque anni di lavoro silenzioso e paziente del card. Casaroli sono un esempio di tale atteggiamento interio-re. Prima come Sottosegretario, poi come Segretario del Consiglio per gli Affari pubblici della Chiesa ed infine co-me Segretario di Stato, egli rimase sempre fedele a tale linea di azione. Negli ultimi anni della sua vita, andavo talora a rendergli visita nel suo appartamento nella palazzina dell’Arciprete in Vaticano. Un giorno mi parlò della sua intenzione di riunire alcuni suoi appunti sui viaggi che aveva intrapreso e sugli uomini che aveva incontrato. Non sapeva ancora quale titolo dare ad una loro eventuale pubblicazione. Ricordando il classico libro di Massimo D’Azeglio, da parte mia mi permisi di suggerirgli il titolo: “I miei ricordi”. Egli con un suo dolce sguardo, si schermì dicendo che ne avrebbe voluto uno molto più allusivo all’ispirazione interiore che aveva sostenuto il suo lavoro. Sono, quindi, lieto del titolo con cui oggi sono pubblicate queste sue memorie: “Il martirio della pazienza”. Anch’io, lavorando in Segreteria di Stato negli anni 1968-1978, fui richiesto in varie occasioni di aiutarlo in qualche sua missione. Ricordo in particolare la collaborazione che ebbi modo di prestare nel 1970 alla ripresa del difficile dialogo con il Governo cecoslovacco. La durezza degli interlocutori venuti a Roma da Praga, i signori Hruza ed Homola, mise a dura prova la pur profonda serenità d’animo di mons. Casaroli e del suo collaboratore mons. Cheli. Non per nulla il capitolo che nel libro è dedicato a tale dolorosa vicenda ha come titolo: “Trattative impossibili: la Cecoslovacchia”. Fu una pagina di storia che rivelò come alla fin fine il metodo evangelico di offrire la guancia sinistra a chi ti porge la destra ( Mt 5,39) sia anche un metodo politicamente corretto. Non lo sarà secondo i canoni del “Principe” di Machiavelli, ma certo lo è secondo i principi del Vangelo di Cristo. Un altro tipico ricordo della sua serena fermezza, pur nella grande signorilità del tratto, è legato al viaggio del 1975 nell’allora Repubblica Democratica Tedesca. Toccò allora a me di accompagnarlo. La situazione a Berlino-Est era molto tesa, ma ebbi modo di imparare dal mio superiore l’arte o, meglio ancora, la virtù di essere pazienti e forti, in ogni possibile circostanza della vita. Quando poi, nel 1979, alla morte del compianto card. Villot, Segretario di Stato, mons. Casaroli fu chiamato a suc-cedergli in tale ufficio dall’attuale sommo pontefice Giovanni Paolo II, egli metterà a disposizione del Papa tutta la sua lunga esperienza di fedele servitore della Santa Sede e di vero uomo di Chiesa. Il libro ora pubblicato si limita a trasmetterci alcune notizie dell’opera del Card. Casaroli nei riguardi dei Paesi Co-munisti dell’Europa Centro Orientale. Vi sarebbero poi tanti altri aspetti della sua opera da ricordare. Ad esempio nel decennio in cui io fui nunzio aposto-lico in Cile, dal 1978 al 1988, sono stato testimone della grande conoscenza che egli aveva dei problemi dell’Ame-rica Latina. Un contributo grande alla pace fra Argentina e Cile, di fronte alla possibilità di un conflitto fra quei due Paesi per la nota questione nella zona australe, è dovuto anche a lui, oltreché all’Inviato del Papa Giovanni Paolo II, il compianto Card. Antonio Samoré. Quando poi il Santo Padre mi richiamò a Roma nel 1988, ebbi ancora la fortuna di lavorare alle dipendenze del card. Casaroli e di godere dei suoi preziosi insegnamenti. Ricordo, in particolare, le istruzioni che mi diede quando mi recai a Mosca nel 1989, per l’incontro con il presidente Gorbaciov e con il ministro degli Esteri Shevernadze. Da quel 20 ottobre 1989, allorquando mi recai al Cremlino, al giorno d’ oggi, in cui salutiamo qui presente lo stesso si-gnor Gorbaciov, sono cambiate molte cose. Ma è giusto ricordare chi ha pazientemente cooperato a preparare i tempi nuovi. Il nome del card. Agostino Casaroli rimarrà per sempre legato alla storia travagliata di questo secolo ed all’attività instancabile della Sede Apostolica, a servizio della libertà dell’uomo. In lui rifulge una delle figure più rappresentative della Curia romana in questi ultimi tempi. Egli ci dimostra come gli uomini di curia siano un valido strumento nelle mani dei romani Pontefici, affinché questi possano svolgere ade-guatamente la loro missione nel mondo. E, come figlio della terra italiana, sono anche lieto di ricordare come sia stato quest’umile sacerdote della chiesa di Piacenza a prestare un simile servizio al sommo pontefice. L’elogio migliore del card. Casaroli l’ha fatto il santo padre Giovanni Paolo II il 1° dicembre 1990, al momento di accogliere le dimissioni del suo caro collaboratore per i raggiunti limiti di età. Dopo aver esaltato il suo vivo “sensus ecclesiae”, unitamente al suo egualmente penetrante “sensus hominis”, il Papa gli diceva: “Ripenso, in questo momento, al grande aiuto che ho avuto da Lei nell’arco di questi anni, nei quali la Chiesa ed il mondo hanno conosciuto vicende e rivolgimenti di così vasta portata. Sempre ho potuto conta-re sull’apporto delle indicazioni e dei suggerimenti che Ella, con sincero amore per Cristo e per la Chiesa, mi ha of-ferto in atteggiamento di collaborazione leale, intelligente e devota” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XIII, 2 pag. 1340). È questo l’elogio più bello che si poteva fare del compianto card. Agostino Casaroli: un collaboratore leale, intelli-gente e devoto del romano pontefice.
Testo ripreso da: http://www.vatican.va
Gorbaciov elogia Casaroli grande tessitore
ROMA – E’ Michail Gorbaciov a ricordare l’immagine più viva del cardinale Agostino Casaroli nella Sala stampa della Santa Sede dove viene presentata l’autobiografia dell’uomo chiave dell’Ostpolitik vaticana. “Ricordo il giugno del 1988 – narra l’ultimo leader dell’Unione Sovietica – quando il cardinale giunse al Cremlino per portarmi l’invito di Giovanni Paolo II. E’ stata l’occasione per un incontro molto personale e molto piacevole durante il quale sono rimasto colpito dalla sua grande apertura”. Gorbaciov aggiunge che, al momento dell’arrivo di Casaroli nell’ex reggia degli zar medioevali e rinascimentali, c’e-rano già in Russia dei cambiamenti. “Ma la lettera del Santo Padre e l’incontro con il cardinale furono l’avvio per altri e più importanti cambiamenti”. Casaroli, dice Gorbaciov, giocò un ruolo che non fu solo di diplomatico, ma di autore della politica. Prima di scen-dere a parlare con i giornalisti (ma le domande erano vietate) Gorbaciov si è intrattenuto con il Papa ma, anche con Giovanni Paolo II, il discorso è caduto, naturalmente, sul cardinale. “Il martirio della pazienza” è il titolo che Casaroli aveva scelto per il libro, il martirio cioè, di una pazienza necessa-ria per trattare con regimi che volevano essere atei e che in certi casi governavano popolazioni dove il cattollicesi-mo era poco radicato. Casaroli è stato il “grande tessitore”, come si diceva di Cavour, dell’Ostpolitik vaticana so-prattutto negli anni di Paolo VI e di Giovanni Paolo II ed è il suo successore, il cardinal Sodano, a tratteggiarne un ritratto fra l’affettuoso e l’ufficiale. Il cardinale aveva l’abitudine di arrivare al lavoro in motorino, racconta Sodano, e questo non poteva non stupire. Ma a questa disinvoltura nelle piccole cose Sodano contrappone la fermezza dimostrata verso la Germania dell’Est in un viaggio nel 1975, quando “ebbi il modo di imparare l’arte o meglio ancora la virtù di essere pazienti e forti, in ogni possibile circostanza della vita”. L’Ostpolitik di Casaroli quindi non è stata una maniera di trovare il modo di convivere con quei regimi comunisti che sarebbero caduti pochi anni dopo. Molti lo hanno creduto a lungo, magari lo credono ancora. Non per nulla il ministro degli esteri italiano, Lamberto Dini, che è intervenuto fra gli oratori (nel pubblico anche l’ex presidente Scalfaro) ricorda gli scontri che Casaroli ebbe con i due grandi protagonisti dell’op-posizione cattolica al comunismo nel’Est europeo, i cardinali Wyszynski di Varsavia e Mindszentj di Budapest, in-crollabili avversari dei regimi dei loro Paesi. Infine Romano Prodi ha elogiato l’opera di Casaroli come costruttore dell’unità d’Europa, ammonendo sul pericolo che “egoismi nazionali” possano alzare nuovi muri.
Testo ripreso da : http://il giorno.monrif.net/chan/2/25:1058520:/2000
GORBACHOV PRESENTA LAS MEMORIAS DEL CARDENAL CASAROLI EN EL VATICANO
Fue secretario de Estado de Juan Pablo II y el “agente 007” del Vaticano CIUDAD DEL VATICANO, 27 junio (ZENIT.org).- La Sala de Prensa del Vaticano hoy estaba llena hasta los topes: personajes como Mijaíl Gorbachov, el cardenal Angelo Sodano, secretario de Estado del Papa, o Romano Prodi, presidente de la Comisión Europea, se reunieron para presentar un libro excepcional: las memorias del cardenal Agostino Casaroli, el hombre que durante la guerra fría entretejió las relaciones de la Santa Sede con el bloque soviético. Tras la segunda guerra mundial, la Iglesia en los países de Europa del Este tuvo que experimentar la persecución, la prisión y la deportación. Fueron veinte años de infierno. A inicios de los años sesenta, algo parecía cambiar. Juan XXIII se encontraba en la sede de Pedro y el Concilio Vaticano II abría tímidas esperanzas de diálogo entre la Iglesia y los regímenes totalitarios. De este modo, sin que se lo esperara, el papa Roncalli pidió, en 1963, a un joven diplomático al servicio de la San-ta Sede, monseñor Agostino Casaroli (1914-1998), que se presentara en la frontera de Austria con Hungría para establecer los primeros contactos con las autoridades comunistas. Sus contactos se concentraron sobre todo en los países en los que la presencia católica era más representativa: Hungría, Checoslovaquia, Yugoslavia y Polo-nia. Todo esto lo cuenta, en primera persona, el cardenal Casaroli, quien de 1979 a 1990 fue secretario de Estado de Juan Pablo II, en el libro “El martirio de la paciencia” (Il martirio della pazienza”, Enaudi), que por el momento se publica en italiano. Su sucesor en este cargo, el cardenal Angelo Sodano, al introducir la presentación del libro, subrayó que conocía a Casaroli desde hace cuarenta años y evocó los contactos que mantuvo con él hasta el momento de su muerte. A continuación añadió: “El libro que hoy se presenta al público nos revela la gran pasión de su vida: salir al encuen-tro de los católicos de los países del régimen comunista y contribuir de este modo a llevar en sus tierras nuevos aires de libertad. No es casualidad el que en aquellos años Juan XXIII recordara que la libertad es uno de los cua-tro pilares sobre los que debe regirse al convivencia humana. En realidad, ésta puede ser ordenada y fecunda sólo cuando se funda sobre los pilares de la verdad, de la justicia y del amor, así como en el igualmente insustituible pilar de la libertad”. “El martirio de la paciencia” es “un título que expresa bien el espíritu que animaba al cardenal Casaroli”, añadió el cardenal Angelo Sodano. “En algunos casos la paciencia es un auténtico martirio. Es la aceptación de la prueba con el espíritu de los fuertes… Los veinticinco años de trabajo silencioso y paciente del cardenal Casaroli son un ejemplo de esta actitud interior”. Después de recordar algunos episodios de la vida de este hombre, que en un primer momento fue el “agente 007” de la Santa Sede en la Europa comunista –llegaba vestido de civil a las fronteras donde le esperaban los funcionarios comunistas–, y después el gran estratega de la mal denominada “Ostpolitik” del Vaticano en el Este, el cardenal Sodano añadió que su nombre “quedará ligado para siempre al de la ajetreada historia de este siglo y a la actividad incansable de la Santa Sede al servicio de la libertad del hombre”. En la rueda de prensa tomó la palabra el ex presidente soviético Mijaíl Gorbachov, quien recordó sus encuentros personales y “agradables” con Casaroli, al que definió como una “gran personalidad no sólo de la Iglesia católica, sino del mundo entero”. Reconoció que tenía una gran visión y una gran apertura. En particular, evocó aquel mo-mento en el que, en 1988, Casaroli le llevó, en nombre de Juan Pablo II, un mensaje personal: entonces comenzó una serie de grandes cambios. El purpurado italiano desempeñó, de ese modo, un papel clave en el diálogo que se instauró entre la Unión Soviética y Occidente. “No podemos volver atrás”, dijo Gorbachov, “después de los pasos que dio Casaroli hacia una nueva Europa”. Por su parte, Romano Prodi, presidente de la Comisión Europea, amigo personal de Casaroli, le situó entre los ar-tífices de la unidad europea, y su lección, aseguró, “sirve para inspirar la construcción de la Europa del mañana”. En pocas ocasiones la Sala de Prensa ha estado tan abarrotada: entre el público se encontraba incluso el que ha-sta hace poco era presidente de Italia, el actual senador Oscar Luigi Scalfaro.
Testo ripreso da: http://www.mercaba.org/V-i/2000-06-26/sede-1.htm
Garantito: l’Ostpolitik era di destra. Le memorie bomba dei cardinal Casaroli Escono postumi i diari dei cardinale “rosso”. Che fanno a pezzi un mito: quello della conciliazione tra la Chiesa e un comunismo buono
di Sandro Magister
Passava per il più rosso del cardinali. Non per il manto porpora, ma per la sua linea politica. Tutta di dialogo tra la Chiesa e il volto buono dei comunismo. Invece no. Oggi lui ci garantisce dal cielo che era vero l’opposto. Che per lui, cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato di santa romana Chiesa, artefice dell’Ostpolitik vaticana, il co-munismo era tutto e solo abominatio desolationis: parola biblica, presa dall’Antico Testamento, che designa la più tremenda empietà distruttiva, contro Dio e gli uomini. Ce lo garantisce con un libro di memorie. Scritte nel ritiro degli ultimi anni di vita. Raccolte dalla sua scrivania dalla nipote Orietta. Affidate a un cardinale amico, Achille Silvestrini. E ora, a due anni giusti dalla morte dei porporato, pubblicate da Einaudi sotto il titolo “Il martirio della pazienza”. Il libro è incompiuto, quasi niente dice di Karol Wo-jtyla vescovo e papa, sorvola sulla Polonia degli anni Ottanta, tace dell’Urss. Ma basta a polverizzare d’un colpo il cumulo di articoli, saggi e volumi, di storici e vaticanologi anche di grido, che per un quarto di secolo hanno avvalo-rato l’immagine pubblica dei Casaroli criptocomunista, punta avanzata della Chiesa “conciliare”. Lui, in vita, non aveva mai fatto nulla per fugare quest’aura. Anzi, da acuto diplomatico qual era, se ne giovò. Gio-vanni Paolo II lo volle al proprio fianco come segretario di Stato proprio “per tranquillizzare Mosca”, atterrita dal-l’avvento dei nuovo papa. Ma dietro il tratto cortese dei negoziatore c’era la tempra del difensore irriducibile degli spazi vitali estremi della Chiesa. Con doppio martirio. Martire la Chiesa nei paesi comunisti, sottoposta a “un’opera sistematica di demoli-zione che nessun accordo parziale mai interruppe”. E martire un po’ anche lui, accusato di assecondare il nemico. Casaroli pativa e taceva. Imparò a tacere proprio in quell'”universo carcerario” zeppo di spie e spioncini che era l’Est d’Europa prima dei crollo del Muro. Quando a Budapest incontrava il cardinale lozsef Mindszenty nel suo rifu-gio nell’ambasciata americana, si chiudeva con lui “in una specie di cubo dalle spesse pareti di materiale plastico, issato su un pernio, dove potevano mettere le mani solo i marines addetti alla legazione”. E anche lì sempre coi sospetto d’essere spiato. Con un altro cardinale recluso, il cecoslovacco Josef Beran, l’ultimo colloquio in una sa-letta d’albergo “fu di pesante silenzio, fatto di dialoghi per iscritto, su foglietti”. Dall’altra parte c’era invece la “pro-terva” eloquenza dei funzionari di regime, la loro “sfrontatezza”, la “doppiezza infida”. Che non con Casaroli, ma con gli ecclesiastici sottoposti al loro dominio toccava l’eccesso. Come con l’anziano e malato cardinale Stepan Trochta, morto di crepacuore dopo “sei ore filate di sfuriata d’un certo commissario Diabal in preda ai fumi dell’al-cool”, che aveva fatto irruzione in casa sua gridando: “Brutto vecchiaccio, ti rompo le zampe”. L’Ostpolitik di Casaroli era fatta anche di questo: di incontri con preti e vescovi stremati da anni di persecuzione, “avanzi di galera ancora freschissimi di prigione”. Vescovi recisi dal mondo che appena abbracciano l’uomo venu-to da Roma gli mormorano in latino: “Tutti aspettiamo la grande guerra che ci libererà”. E lui a tappargli la bocca, con sempre alle calcagna, per anni, il funzionario di Praga addetto alle cose di Chiesa, Karei Hruza, “il cui cognome significa, tradotto, terrore”. Non uno si salva, di questi funzionari. Né degli uomini po-litici di maggior grado. Mai che da loro baleni un lampo di luce, nel racconto che pure è di scrittura pacata. Neppure l’effimera primavera di Praga, dei 1968, lascia tracce di sé. Fino all’ultimo, fino al crollo dei Muro, i regimi procedo-no “ciechi”, inconsapevoli d’andare a morire. E allora perché Mosca e Praga e Budapest e Varsavia, a partire dal 1963, dagli ultimi mesi di papa Giovanni XXIII, aprono quegli spiragli di dialogo che il Vaticano prontamente raccoglie e tramuta in Ostpolítik? Casaroli risponde con nettezza. Solo per interesse. Per attenuare le critiche internazionali in tema di diritti umani. Per far tacere la Chiesa e il papa. Per allentare le tensioni in patria. Senza però mai intaccare il disegno di distruggere la cristianità. Le concessioni sono minime, se non nulle. Aleatorie. In Ungheria la persecuzione antireligiosa riprende a infierire proprio dopo la firma di un primo risicatissimo accordo, nel 1964. E l’anno dopo, un discorso di Paolo VI alle catacombe di Domitilia, nel quale egli dice di “non alzare con più veemenza la voce della protesta solo per cristiana pazienza e per non provocare guai peggiori”, scatena all’Est reazioni furiose. La Jugoslavia è più mite, ma solo perché Tito vuoi distanziarsi da Mosca. E la Polonia? Un caso speciale, per la potenza della sua Chiesa di popolo. Con quel gran combattente che è il cardinale primate, Stefan Wyszynski. Per “calmarlo”, il governo polacco scommette proprio su Casaroli, complice “un signore italiano molto degno e molto in rapporto con ambienti della Santa Sede, anzi mio portaparola nel caso in questione (il che non era vero). Io do-vetti però deluderlo”. Con fair play tutto diplomatico, Casaroli tace il nome di quel signore. Piccolo omissis, in un libro fatto per riscrivere la grande storia.
Testo ripreso da: http://www.espressonline.kataweb.it/ESW
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